La sovranità dell’oro

La sovranità dell’oro

La brexit del 2018 ha messo a nudo la sfiducia inglese sulla liquidità della Banca Centrale Europea, già tormentata dalle spinte sovraniste dei Paesi UE. Anche gli accordi europei che limitavano l’acquisto di lingotti d’oro da parte delle Banche Centrali si avviavano alla scadenza ventennale. Il business delle barre d’oro custodite nei caveau a garanzia dei titoli emessi diventa sempre più utile alle nostre economie indebitate. Un giro d’affari da 20 miliardi di dollari ogni anno che tiene in bolla, all’apparenza, l’equilibrio monetario internazionale.

ACCORDO SULLE VENDITE DI ORO – 26 LUGLIO 1999

Nel 1999, anno in cui si formava l’Unione Europea, fu firmato l’accordo sulle vendite di oro che tutelava i produttori di Lingotti istituzionali dalle oscillazioni di prezzo dell’oro. Il costo di produzione del bene rifugio per eccellenza è molto alto ed un abbassamento del prezzo dell’oro li costringerebbe a sospendere la produzione. L’accordo prevedeva limiti di liquidabilità da parte delle banche centrali in Europa, al fine di ridurne la volatilità del suo prezzo sul mercato. Le crisi finanziarie hanno evidenziato un’eccessiva volatilità del prezzo dell’oro che non “matcha” con le esigenze di stabilità della politica economica internazionale.

Nonostante l’accordo sulle vendite, il fixing ha continuato a fluttuare per via delle speculazioni finanziarie. La movimentazione di 800 tonnellate di oro finanziario ha permesso agli Stati Sovrani di finanziare la Pandemia attraverso la vendita massiccia di titoli legati al prezzo dell’oro. Le banche centrali intervengono nel mercato privato durante le crisi di liquidità, vendendo titoli in oro finanziario (ETF) e acquistando direttamente oro fisico per le Riserve Auree. Alla scedenza del trattato, nel luglio del 2019, si è deciso quindi di togliere i freni alla compravendita di oro istituzionale delle Riserve Auree sovrane.



Quando l’offerta di oro aumenta ne diminuisce il prezzo. Questo spiega perchè quando le riserve di oro si svuotano il prezzo dell’oro aumenta: detto in parole semplici, c’è meno oro impegnato per garantire i Debiti finanziari. Si libera quella porzione di oro immobilizzato e il prezzo diminuisce. Quando diminuisce l’offerta, il mercato dei privati continua a comprare, cioè aumenta la domanda. La finanza internazionale, sostenuta dalla FED, utilizza questo escamotage per drenare liquidità verso gli investimenti produttivi dopo aver disinvestito dal bene rifugio una parte del denaro immobilizzato.

ORO FISICO E ORO FINANZIARIO

Il sole24ore sostiene che gli Etf legati al prezzo dell’oro, difendono gli invesitori dalle speculazioni. Ma è proprio il contrario! Se nel lungo periodo il prezzo dell’oro tende a crescere, nel breve periodo c’è un grosso rischio di perdita di capitale proprio per effetto di questa speculazione tra Nazioni.

Questo schema è il più classico delle bolle speculative dei beni materiali. Se voglio aumentare il prezzo del caffè ne devo fare dei titoli e investirci grosse quantità di denaro che poi lancio in borsa. Chi scommette sul prezzo ne alimenta l’aumento. Com’è successo, al bitcoin recentemente ed agli immobili con i Lehmann Brothers nel 2008. La geopolitica dell’oro influisce sul suo prezzo.


Linea Blu - Quotazione del Lingotto d'oro

Dopo l’annuncio di Boris Johnson che il 30 giugno 2019 la Gran Bretagna sarebbe uscita dall’Euro, il prezzo dell’oro è passato dai 37 euro di maggio ai 40 euro per poi raggiungere i 44 euro il 22 agosto 2019, cioè quando le trattative per un accordo sulla Brexit sarebbero falliti.

Se avessi investito in oro finanziario dell’Etf (Exchange trade fund) nell’agosto del 2020 oggi sarei stato ancora in perdita. La pausa che traghettò la GB fuori dall’Euro finì il 31 gennaio 2019: il prezzo dell’oro schizzò da 36 a 48 euro al grammo, per poi scendere a 45 € ed infine, ancora il 9 marzo 2020 (data dell’annuncio del Covid e dei lockdown mondiali) schizzò verso i 55 euro al grammo sfruttando la carta del panico.

Quest’anno siamo passati dai 55 euro di agosto del 2020 a 45 euro, per poi tornare intorno ai 50 oggi 6 ottobre 2020.

SCENARI FUTURISTICI

Gli “esperti finanziari’ pensano che l’oro possa raggiungere anche il valore di 15.000 euro per oncia in futuro, significa un valore di 500 euro al grammo. Dietro questa valutazione c’è una profonda trasformazione nell’accesso alle materie prime da parte di tutti i Paesi del mondo. Chi ha oro prevede di tenerselo e lo vende ad alto prezzo. In più c’è lo spettro dell’iperinflazione generata dalla FED impegnata nello sforzo di ridurre i danni economici della Pandemia, che ancora non sa si come debba essere limitata.

La tesi più plausibile, vede l’oro grezzo sempre più raro per via dei costi crescenti delle imprese di estrazione. Le miniere dovranno adeguare alle norme “green” nei paesi in via di sviluppo (ed in particolar modo in Brasile, Indonesia e Cina) le condizioni di lavoro e solo tecniche innovative e costose permetteranno di estrarre l’oro che è stato estratto finora.

In questo contesto, la bolla finanziaria pende dalle labbra della FED che, dalle sorti dell’investitore Evergrande, alle prese con un fiorente ricapitalizzazione in Cina, cerca di ottenere una nuova grande speculazione sugli immobili asiatici. Il diktat angloamericano vuole imprimere una svolta sul controllo finanziario del Grande Continente e le sue materie prime strategiche. La rivoluzione green comincia da qui.


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